Vendere 2.0: il mio primo corso!

ottobre 31, 2012 - Leave a Response

Finalmente ci siamo!

A partire dal 27 novembre, dall’esperienza fatta sul blog nasce il primo corso di persona a Carpi (Modena)!

Parleremo di vendite e di marketing nel mondo di oggi, tra crisi, globalizzazione e web e ci attrezzeremo insieme per affrontare il mercato e i suoi cambiamenti.

Un ringraziamento a CLA Servizi per avermi dato questa opportunità.

Tutti i dettagli per partecipare li trovate cliccando qui

E per chi è troppo lontano da Carpi per seguire… STAY TUNED!

Il miglior modo di perdere un cliente

ottobre 27, 2012 - 3 Risposte

Ieri ho litigato via mail con un fornitore potenziale.

Motivo del contendere: una quotazione richiesta, mai arrivata e poi declinata.

Stavamo cercando un componente per noi di raro utilizzo da inserire nel preventivo di un impianto.
Dopo varie ricerche di un potenziale fornitore, qualcuno ci aveva consigliato di contattare l’azienda XYZ.
Il nostro responsabile tecnico chiama l’azienda per cercare di spiegare cosa stavamo cercando.
Il responsabile commerciale della XYZ risponde dicendo che manderà sicuramente offerta, lo sentiamo al telefono sicuro di sé e di quello che ci vuole proporre.

A quel punto inviamo una richiesta di offerta dettagliata per mail e chiediamo di farci avere un riscontro.

Passano 7 giorni e non otteniamo alcun tipo di riposta.
Sollecitiamo via mail e dopo uno o due giorni arriva la seguente risposta dal responsabile commerciale:

“Buongiorno,
Ci scusiamo per il ritardo nella risposta.
Abbiamo analizzato la sua richiesta e siamo spiacenti di comunicarle che non possiamo inviare offerta in quanto non disponiamo di un modello rispondente alle specifiche indicate.
Cordiali saluti”

Al che mi sento di far notare che “potevate farci avere questa informazione in tempo molo più breve, evitando di tenerci in sospeso per una settimana, causandoci ritardo nella formulazione della nostra offerta al cliente finale. Siamo molto delusi da questo modo di trattare la clientela e, anche un giorno avendo richieste che potrebbero corrispondere alla vostra gamma, ci rivolgeremo altrove.”

Risposta:
“Forse non ha interpretato la richiesta che ci è stata inviata e che riguardava un modello con caratteristiche molto particolari ecc. Di conseguenza questo studio richiede un certo tempo.
Per quanto riguarda il nostro modo di lavorare La informiamo che la nostra società esiste dal 1987 ed in questo periodo abbiamo solamente incrementato il numero dei nostri clienti. Evidentemente il nostro modo di lavorare è più che accettato. Per le prossime richieste Le suggeriamo di rivolgersi pure alla concorrenza così che potrà comparare i tempi di risposta.”

Quanto vi è piaciuta questa risposta?

Una questione di dettagli

settembre 24, 2012 - Leave a Response

Quando si redige un’offerta, ci si sente spesso spronati dalla richiesta del cliente di dare il meglio di sé.

Qui i tecnici del mestiere si scatenano e sciorinano mille dettagli per dare spessore alla propria competenza.

Ma qui spesso casca l’asino…

Mettiamoci nei panni del cliente che, come è prevedibile, chiederà offerta a 3 aziende o professionisti.

Ricevendo le tre offerte, inizierà a confrontarle: cosa che è giusto fare, poiché il cliente deve essere convinto della scelta che farà e in questo non possiamo intervenire più di tanto.

Tanto più la descrizione dell’oggetto dell’offerta è uguale ad un’altra, tanto più il cliente approfondirà i dettagli per capire dove sta la differenza, soprattutto se l’importo ha uno scarto consistente.

Ecco che qui, nella redazione dell’offerta, deve scattare il commerciale che è in voi!

Per prima cosa, la descrizione deve dare risposta a quello che il cliente vi ha detto che sta cercando: trovate il modo di inserire le stesse parole con cui il cliente ha descritto l’oggetto della sua ricerca, anche se vi sembrano strane o desuete rispetto al vostro settore.

Se ha manifestato domande o dubbi riguardo a questo o quell’aspetto, inserite note che spieghino a quale soluzione avete pensato. In questo modo si tranquillizzerà.

Se capite che occorre spiegare qualcosa del funzionamento dell’oggetto o dello svolgimento del servizio per non creare equivoci, fatelo.

Date meno dettagli possibili sulle caratteristiche tecniche del vostro prodotto e che non sono importanti per il cliente nello specifico: nella maggior parte dei casi, è più comprensibile descrivere la funzione delle cose che i loro dettagli tecnici. Se il cliente si mostrerà interessato, chiederà maggiori informazioni e solo in quel momento potrete dare i dettagli che richiede. E’ possibile che li utilizzerà per confrontarvi con altri e a quel punto, la vostra domanda è lecita: “Possiamo sapere per favore con chi ci sta confrontando?”

Siate sempre gentili e affabili quando si parla della concorrenza. Non ci sono prodotti buoni o prodotti cattivi: ogni prodotto e ogni servizio che lo accompagna hanno un loro senso di esistere. Piuttosto potrete dimostrare che conoscete le differenze tra voi e la concorrenza, argomentando e commentando le diverse scelte di realizzazione.

Lasciate sempre il cliente libero di scegliere. Non deve sentirsi il fiato sul collo ma deve essere gentilmente portato a spiegarvi il perché delle sue scelte. Questo lo potrete raggiungere solo se curerete la relazione con il vostro cliente, di cui dovete essere persona di fiducia, dimostrandovi tali anche quando questo va contro il vostro interesse.

Dopo tutto, una vendita è una questione di relazione: tanto più questa sarà vera, tanto più si costruirà un legame duraturo nel tempo.

5 consigli per le trattative commerciali con il Medio Oriente

settembre 13, 2012 - Leave a Response

Siete alla prima esperienza di trattativa con un cliente dal Medio Oriente?

Bene, dovrete prepararvi ad un’esperienza molto intensa…

Come chi di voi avrà potuto senz’altro appurare facendo acquisti durante le vacanze in uno di questi paesi – che vanno dalla fascia del Nord Africa ai Paesi dell’est mediterraneo e poi ancora ad est fino all’India – non si tratterà di un incontro facile.

La trattativa commerciale in queste culture è un vero e proprio momento di incontro e confronto, come se si trattasse di un match di scherma o di boxe, dove l’obiettivo dell’acquirente è quello di mettere alla prova della negoziazione il fornitore per capire quanto si può fidare.

Ecco alcuni consigli che ho messo insieme sulla base della mia esperienza fin qui:

1- Il cliente vi parlerà quasi da subito del prezzo. Per non perdere il senso della fornitura, cercate di spostare l’attenzione andando a fondo delle caratteristiche richieste per il prodotto, specialmente se questo va personalizzato in base al suo utilizzo. Eviterete brutte sorprese e potrete testimoniare in questo modo il valore della vendita.

2- Preparatevi a una richiesta di sconto consistente. Al di là di come è progettato il vostro listino, è abitudine di queste culture cercare di ottenere sempre il miglior prezzo. Poiché in questi paesi il commercio è una delle risorse economiche principali in quanto poveri di industrie manifatturiere, gli acquirenti sono piuttosto edotti sui costi di tante materie prime e componenti, quindi sarà difficile puntare ad un margine alto a meno che il vostro brand non sia riconosciuto come uno di lusso.

3- Preparate una strategia di negoziazione. Cercate di individuare prima dell’incontro il prezzo limite oltre il quale non scendere e difendetelo con forza. A questi clienti piace trovare un osso duro dall’altra parte perché è segno di consistenza.

4- La trattativa sarà lunga proporzionalmente all’importo totale dell’offerta. Potrebbero essere ore, giornate intere, più giorni. Non fatevi prendere dalla stanchezza, piuttosto se vedete che fate fatica a tenere il passo e i vostri nervi sono troppo tirati, trovate un pretesto per interrompere magari per un pasto insieme o per un caffè. La socializzazione può rivelarsi come sempre molto importante e decisiva.

5- Lasciate che il cliente abbia l’ultima parola sul prezzo. Qui sta alla vostra capacità di trovare il giusto equilibrio tra l’importo finale e i termini di pagamento, e anche la consegna ed eventuali altre condizioni importanti. Meglio puntare ad un pagamento sicuro, visto che si tratta di paesi soggetti a instabilità politica, quindi è consigliato proporre fin da subito una lettera di credito irrevocabile e confermata da una banca primaria del paese dell’acquirente. Le spese di spedizione in genere devono includere anche gli oneri per la fornitura di documenti legalizzati dal consolato italiano, quindi includete un margine a monte della quotazione per poterli coprire senza doverci rimettere. In tutti i casi, è il cliente che si deve sentire vincitore.

Dopo di ché, non vi resta che mantenere la promessa di fornitura sancita dal contratto. Se tutto andrà come il cliente si aspetta, avrete un cliente per la vita.

Marketing da paese povero?

agosto 29, 2012 - 3 Risposte

Qualche giorno fa, ha destato molto scalpore sia tra gli addetti ai lavori che tra i consumatori la notizia dell’annuncio del cambio di strategia di marketing in Europa di Unilever, colosso mondiale dei prodotti di largo consumo presente anche in Italia con marchi molto noti.

La novità sta nel passaggio dalle strategie di marketing attuali, basate sulla grossa quantità, a quella da “paese povero” già applicata da Unilever e altri nei mercati asiatici, basata sulle piccole dosi a costi contenuti. A quanto spiegano, tramonta l’era del “pacco famiglia” e viene avanti quella del “fustino di detersivo per 5 lavaggi”. Il tutto per evitare che per l’acquisto di alcuni di questi prodotti, un consumatore debba spendere metà del suo budget di spesa (in Spagna ad esempio è di 17 Euro per scontrino).

Il tema delle piccole dosi è già in auge in Italia per quanto riguarda le confezioni di farmaci, spesso sprecate per più di metà perché i quantitativi sono sempre maggiori rispetto al consumo che in media si fa, specialmente per i medicinali di uso più frequente.

Se ricordiamo bene però, esiste un vantaggio nel mercato dall’acquisto di grandi quantità, regola sulla quale è nato il consumismo. Bisognerà vedere se il costo del prodotto rimarrà lo stesso sia per quanto riguarda lo sfuso che per quanto riguarda il packaging, che a parità di dose dovrebbe aumentare in volume (ahimé, con un problema rifiuti che potrebbe allargarsi).

In compenso gongolano le aziende che si occupano di impianti di produzione (settore da cui provengo anch’io), che dovrebbero ricevere d’ora in avanti maggiori richieste per adattamenti e modifiche a quelli esistenti se non addirittura per impianti nuovi pensati ad hoc per le nuove dosi.

Come immaginate questo cambiamento?

Il Brand: immagine o credibilità?

luglio 5, 2012 - Leave a Response

Ormai siamo una tribù di consumatori e acquirenti in genere abbastanza evoluta.

Una volta il marchio – il brand – era “solo” un logo che identificava una famiglia di prodotti; perché ce n’erano pochi e c’era solo bisogno di farsi conoscere.

Poi il mercato è diventato affollato e il marchio ha via via accumulato concorrenti. Per l’acquirente comprare è diventato una fatica in più, per cercare di capirecosa è meglio acquistare, spesso a scatola chiusa.

Perché – diciamocelo – ormai il brand è diventata una semplice scatola, che raccoglie tutto ciò che una azienda può dire di se stessa: e può scegliere di farlo “facendo cinema”, cioè proiettando nell’immaginario del potenziale cliente scene mirabolanti e con effetti speciali (chi si ricorda lo slogan: Potevamo stupirvi con effetti speciali…?) oppure definendo i propri valori e poi raccontandoli con una semplice cronaca della propria vita quotidiana.

Fatto sta che il cliente alla fine compra sempre a scatola chiusa.

Perché fino a quando non proverà il prodotto, il servizio clienti, il packaging, ecc. e non lo valuterà in base a quanto speso per acquistare, il brand rimane sempre e solo un concetto astratto. Un’immagine che il cliente si crea nel proprio cervello sulla base degli input che riceve dall’azienda, da altri clienti e dal proprio immaginario.

Negli ultimi decenni ci siamo sprecati a lavorare sull’immagine, su una rappresentazione possibilmente perfetta di quello che pensiamo di essere capaci di fare: affidabilità, flessibilità, attenzione al cliente, praticità, trasparenza e chi più ne ha più ne metta.

Adesso che dal 2008 in poi della sola immagine il cliente se ne fa veramente poco – benché sia vitale per ogni azienda, anche la più piccola, curarla fin nei particolari – ciò che identifica un brand diviene sempre più la sua credibilità: ovvero la capacità di dimostrare nei fatti ciò che viene dipinto a parole.

Costruire credibilità di un brand passa attraverso ogni gesto di ogni membro dell’azienda, indipendentemente dal suo impatto diretto sulla clientela. Se diciamo infatti che siamo veloci nelle consegne, la mancanza di capacità nello strutturarsi perché questo avvenga dipende inevitabilmente dalla capacità dei singoli nel trovare e proporre alla dirigenza nuovi modi per ottenere l’obiettivo conservando allo stesso tempo tutto ciò che serve all’attività (dati, loro tracciabilità, verifica dei costi ecc.) e alla propria struttura per controllare il risultato e continuare a svilupparsi.

E a fronte di centinaia di aziende che ricamano la propria immagine sulle tele del web o dei media in generale, ce ne sono ben di più tra le PMI che sottovalutano l’utilità dell’essere comunque visibili e del costruire un brand efficace. Spesso le PMI sono molto valide dal punto di vista dell’efficacia e della credibilità: peccato che in molti casi manchi un’immagine consistente da far conoscere al mondo intero. In questo modo, il patrimonio di credibilità che si possiede viene sempre tenuto nascosto ai più, quasi fosse un raro tesoro (e spesso lo è!) da tenere per se stessi. Così si perdono centinaia di occasioni di crescita e sviluppo della propria attività.

Qual è il vostro concetto di brand?

E se il terremoto in Emilia creasse lavoro?

giugno 29, 2012 - Leave a Response

E’ passato un mese oggi dalle terribili scosse del 29 maggio 2012 nella nostra terra della Bassa Modenese – produttiva e ingegnosa come in questi giorni in tanti l’hanno definita. Quelle scosse che ci hanno colpito a tradimento, quando speravamo di rialzarci subito.

Si contano ancora i danni e si fatica ad avere un orizzonte chiaro anche su ciò che serve per ripartire perché le cifre sono vertiginose.

Certo, questo se pensiamo al “ricostruire” inteso come riportare il tutto alla esatta condizione precedente.

In realtà, si è mosso qualcosa anche nell’economia della zona.

Intanto il terremoto e soprattutto le sue conseguenze hanno imposto un cambio di mentalità agli imprenditori e anche ai lavoratori di ogni tipologia: il lavoro, anche volendo rimanere costituzionalisti integerrimi, purtroppo qui non è più un diritto di nessuno perché in un attimo può sparire, e senza che gli imprenditori ne abbiano colpa.

In compenso, tutti – e dico proprio tutti – gli attori della scena economica, dal fioraio all’angolo della piazza fino all’industriale multinazionalista, si sono tirati su le maniche e hanno cercato soluzioni per andare avanti subito, nonostante e comunque, anche tra una scossa e l’altra, anche con le occhiaie per le notti insonni.

E partendo da quello che vediamo, dai nostri bisogni immediati, possiamo vedere che di lavoro ce n’è… Ce n’è da fare per tutti quanti se ci guardiamo intorno.

C’è non tanto da ricostruire ma da ripensare una zona – e magari da qui prendere spunto per ripensare la prevenzione a questo e ad altri tipi di catastrofi naturali o quasi. Pensate forse di essere al sicuro dai terremoti solo perché abitate in un’altra parte d’Italia? In realtà, la bassa probabilità sismica di un terremoto ogni 500 anni non mette al sicuro niente e nessuno e sarebbe ora che si facesse ciò che serve per non ripetere sempre le stesse tragedie.

E allora: edilizia, progettazione, sicurezza, assicurazioni, sanità, logistica, infrastrutture… ce n’è per tutti i gusti e per tutte le competenze.

Anche quelle di marketing e comunicazione: questa parte d’Italia avrà bisogno di non essere dimenticata nei giorni da qui ai prossimi (tanti) anni per poter tornare ai livelli di prima del 20 maggio.

Se ci dimenticate, dimenticherete anche il vostro futuro.

Siamo tecnici o commerciali?

giugno 26, 2012 - 2 Risposte

Nel settore in cui lavoro – la metalmeccanica – spesso si ricerca la figura di tecnico-commerciale, perché si ritiene che una formazione tecnica abbia importanza prevalente rispetto alla capacità di vendere per quanto riguarda l’obiettivo di portare a casa ordini.

Questo significa che il mestiere di vendere è di norma sottovalutato in favore di competenze tecniche precise.

Le competenze tecniche sono sicuramente importanti, ma di fatto il risultato che si ottiene è spesso scarso sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo delle vendite.

Perché?

Una prima risposta – secondo la mia esperienza – risiede nell’approccio tipico di un tecnico a un problema.

A fronte di una richiesta di un cliente, un tecnico tende – come è logico che sia – a privilegiare la qualità della soluzione rispetto alla capacità del cliente di:

A) potersela permettere economicamente;

B) apprezzarla in tutto il suo valore pratico.

Il tecnico interpellato cerca di dare il massimo di sé e invece di ascoltare il cliente e le sue perplessità, cercando soluzioni condivise, fa leva sulle proprie capacità e alla fine il risultato è che non si crea un dialogo fruttuoso tra le parti e il cliente riterrà troppo complicato e/o troppo dispendioso ciò che è stato offerto.

I commenti di un tecnico dopo un confronto con un cliente sono spesso del tenore seguente: quello lì non capisce niente; ce l’ha con me, ha delle storie; oppure il tecnico è convinto di avere la vendita in mano perché si sente orgoglioso della soluzione che ha ideato, quando invece il cliente, che magari non è stato nemmeno interpellato per avere un suo riscontro, pensa già di rivolgersi altrove.

La seconda risposta è che vendere in Italia non è considerato un mestiere per cui serva una particolare preparazione: niente di più sbagliato!

In realtà per vendere serve preparazione (questo blog sta cercando di fornire strumenti e riflessioni a riguardo proprio per questo motivo) e la prima cosa da fare di norma è ascoltare i bisogni del cliente che vanno oltre alla necessità primaria del problema tecnico da risolvere: budget a disposizione, fruibilità, frequenza di utilizzo, tempistica di consegna, ecc. e da questi punti prendere le mosse per fornire la giusta soluzione; e in seguito, saper condurre la trattativa con la consapevolezza commerciale necessaria.

Le figure di tecnico-commerciale veramente efficaci sono rare e ci vorrebbe più sensibilità da parte delle dirigenze aziendali nel comprendere questo problema e nel cercare formazione per i propri tecnici-commerciali.

Siete d’accordo?

Comunicare l’emergenza rafforza l’immagine aziendale

giugno 22, 2012 - Leave a Response

Qual è la forza più preziosa che un’azienda possiede? I contatti.

Lo stiamo scoprendo in questi giorni a seguito del terremoto e della situazione di massiccia emergenza che ha colpito la Bassa Emiliana /Lombarda tra Modena, Mantova e Ferrara.

Le attività produttive sono state costrette a interrompersi per qualche giorno o settimana anche nella migliore delle ipotesi. Tuttavia il mercato che vive in quel pianeta diverso, non toccato dal sisma, continua ad andare avanti e a richiedere merce o servizi esattamente come prima.

La sola cosa a cui ci si può aggrappare nell’attesa di riorganizzarsi sono i nostri contatti: clienti, fornitori, stakeholder in genere. Comunicare loro lo svolgersi dell’emergenza in vista della ripartenza ha delle conseguenze dai risvolti interessanti per 2 motivi principali:

– da un lato, i nostri contatti potrebbero fornirci informazioni utili per riprendere l’attività (spazi e disponibilità produttive)

– dall’altro, per i clienti soprattutto sapere che il proprio fornitore “non molla” e si impegna a trovare soluzioni praticabili nonostante l’emergenza, equivale a un miglioramento dell’immagine in termini di affidabilità, fiducia e capacità di problem solving

Ecco perché le nostre aziende, in particolare le PMI, che stanno andando avanti tra mille difficoltà e continuano o rafforzano il contatto con clienti e fornitori vengono premiate dal mercato.

Naturalmente – è inevitabile – ci saranno commesse che verranno perse per impossibilità di fornirle nei tempi richiesti, ma una comunicazione costante con i clienti permette di rimanere nel mercato e ripartire velocemente. E la concorrenza che penserà di approfittare della situazione in modo scorretto, magari alzando i prezzi, rimarrà delusa sul lungo termine.

Coltivare i contatti è un’attività da svolgere con la consapevolezza che gli obiettivi potranno avere anche lunga scadenza. Si tratta di creare quell’humus che dà fertilità alle nostre azioni. Ci sono clienti che acquistano subito, altri che impiegano 18-24 mesi o più. Tuttavia effettuare un’azione di semina oggi ci permette di raccogliere i frutti da domani in avanti.

Marketing emergenziale: consigli per ricominciare subito

giugno 14, 2012 - 2 Risposte

Scrivo ispirata dalla situazione che sto vivendo di persona nella mia Bassa Modenese colpita dal terremoto, nella speranza di poter essere utile a qualcuno che si trova in una situazione analoga.

Comincio con il dire che il momento di emergenza in cui si può venire a trovare un’azienda è proprio quello in cui si deve comunicare di più e prontamente.

Le aziende che sono colpite da una calamità o da un momento critico che comporta l’interruzione delle attività, anche se tutto sembra andato in fumo, possono rinascere solo se riescono a mantenere almeno il contatto con i propri clienti e il proprio mercato di riferimento.

Dove ci sono potenziali clienti, lì c’è la possibilità di vendere e quindi di sviluppare un’attività. Una calamità o un incidente non eliminano necessariamente l’esistenza del bacino di mercato alla radice.

Per questo, il primo consiglio è quello di prendere in mano la lista di clienti acquisiti e potenziali, in particolare di quelli con i quali di recente c’è stato uno scambio relazionale (contatti, invio di informazioni, offerte, trattative, ordini, ecc.) e inviare loro una mail in cui si danno informazioni su ciò che è successo all’azienda e su chi e come contattare per qualsiasi tipo di necessità.

Se gli uffici sono inagibili, optate per la deviazione di chiamata sul vostro telefono cellulare. In questo modo non perderete nessuna telefonata.

E’ sempre buona prassi fare una copia dei dati sensibili dell’azienda. Diamo per scontato che siano accessibili e utilizzabili. Procuratevi un notebook e ripristinate le funzioni minime dell’ufficio commerciale (contatto clienti, gestione offerte e ordini) utilizzando i dati disponibili. (Nota personale: uscendo di casa dopo la prima forte scossa di terremoto, ho preso con me il mio netbook e il mio smartphone… non sarei qui a scrivere sennò!)

Nel vostro sito internet inserite una notizia possibilmente visibile dalla homepage dove informare i visitatori del sito sulla situazione e sui modi alternativi per contattarvi.

Cercate tra le vostre conoscenze qualcuno che possa darvi disponibilità di ricevere posta e piccoli pacchi e uno spazio di lavoro per gli uffici. Verificate che i clienti abbiano compreso le istruzioni date e continuate a lavorare.

Se avete un reparto produttivo, serviranno ben più tempo ed energie finanziarie per poter continuare. Valutate eventualmente opportunità di utilizzo di linee e reparti produttivi di altre aziende con attività analoga e ben disposte a fatturare a voi il lavoro ad un costo congruo, in modo da permettervi di mantenere le consegne e quindi la clientela.

Nell’attesa che tutto sia sistemato, rimanete in contatto con i clienti e teneteli informati del percorso di ripristino delle attività. Questo aiuta a tenere tutti collegati e evita l’abbandono totale, perché mostra il lato umano e pienamente comprensibile della situazione. I vostri clienti potranno anche rivolgersi alla concorrenza, ma se li avete ben coltivati in precedenza, saranno lieti di tornare da voi appena possibile.

Poi, come si dice dalle nostre parti in Emilia di questi tempi: TENETE BOTTA!